Oggi è il giorno in cui sconfineremo in Palestina. Ci incontriamo col simpatico Alì, taxista palestinese trovato su un blog di una viaggiatrice italiana che ne descriveva l’assoluta affidabilità; poco dopo superiamo il Checkpoint 300 senza alcun tipo di controllo. La sensazione è di non avere esattamente chiaro in quale paese ci si trovi, considerando che comunque l’esercito israeliano occupa ancora parte dei Territori Palestinesi. Prima tappa del nostro giro è una deliziosa colazione nell’affascinante The Walled Off Hotel che si trova proprio di fronte al muro di separazione con i settlements israeliani un po’ sparsi ovunque nei territori occupati: è un posto davvero particolare che merita decisamente una visita al suo interno! Vi è un piccolo ma interessantissimo museo che racconta la storia del muro e, grazie alle conoscenze di Alì – che qui probabilmente fa tappa fissa con i turisti – visitiamo la suite presidenziale che è davvero meravigliosa!
Cominciamo quindi a percorrere le varie tappe precedentemente concordate con Alì: iniziamo arrivando nel territorio di Beit-Sahour, a sud est di Betlemme, dove visitiamo la Chapel of the Shepherds’ Field, una distesa di ulivi in cui si pensa i pastori abbiano avuto l’annunciazione della nascita di Gesù (nulla di che, a dire il vero!). Ci accorgiamo che vi è molta sporcizia in giro e Alì ci fa capire che, avendo il popolo palestinese ben altri problemi, questo fattore passa totalmente in secondo piano. Percorrendo una strada che ci regala panorami meravigliosi, arriviamo quindi allo stupendo Monastero di Mar Saba; sotto un sole cocente esploriamo i dintorni e scendiamo per visitare alcune grotte e archi in pietra, non considerando che il caldo rende poi faticosa la nostra risalita dopo aver raggiunto il fiume che scorre sottostante. Riprendiamo la strada e, dopo la sosta in un negozio di artigiano in legno che conosce Alì, giungiamo quindi all’Herodium dove, a causa di uno pseudo colpo di calore, la Musla non sale nemmeno alla fortezza lasciando l’impresa al Muslo e Max. Da qui la vista spazia lontano e iniziamo a capire la situazione degli insediamenti israeliani in terra palestinese che, con oculata pianificazione, circondano i villaggi palestinesi fino a stringerli in una morsa che spesso rende difficoltoso (se non impossibile) il percorrere le strade che dovrebbero collegare la popolazione palestinese, tutto ciò con il pretesto della tutela della sicurezza dei coloni israeliani.
Alì ci propone quindi di andare a Hebron: inizialmente siamo un po’ perplessi; è infatti da noi conosciuta come una delle zone più calde di scontri tra israeliani e palestinesi, ma accettiamo quando Alì sostiene che, almeno al momento, la situazione è abbastanza tranquilla e non si corre alcun sostanziale pericolo. Raggiungiamo Hebron e, dopo aver pranzato molto bene in un posto davvero singolare nella via principale della parte moderna, spendendo poco e niente, ci inoltriamo nella città vecchia: quello che ci racconta Alì è ovviamente il punto di vista palestinese, ma ciò che vediamo con i nostri occhi ci sconvolge davvero e fa sì che questa giornata rimarrà la più indimenticabile della vacanza. Il centro di Hebron è pressoché deserto, sembra una città fantasma, questo a causa dei coloni ebrei ortodossi a cui è stato permesso costruire le proprie case sopra quelle esistenti dei palestinesi; percorriamo con sconcerto quello che era un fiorente mercato, trasformato ora in un triste susseguirsi di bancarelle in cui aleggia la frustrazione di questo popolo. La tensione e il sentimento di scontro che qui si respira è palpabile: a causa di una sparatoria avvenuta nel 1994 la moschea è stata addirittura divisa a metà per far posto anche a una sinagoga, dalla quale fanno bella mostra di sé numerose bandiere israeliane il cui bianco e azzurro acceso sventolano sotto i raggi del sole, quasi a prendersi gioco della popolazione palestinese che cerca di sopravvivere tutto intorno. Per garantire la presunta sicurezza di poche centinaia di coloni israeliani, qui è di stanza un forte contingente militare israeliano, onnipresente, che dalle numerose torrette osserva i vicoli della città vecchia. La sensazione di essere sempre oltremodo osservati genera in noi, che siamo comunque stranieri ed estranei quindi a questa situazione, una forma di timore poco piacevole che ci accompagna nella visita alla cittadina. L’atmosfera peggiora ulteriormente quando ci inoltriamo lungo la via principale in cui si respira povertà e una situazione al limite del sostenibile: sono state addirittura montate alcune reti da un palazzo all’altro quale estremo tentativo da parte della popolazione palestinese di impedire ai coloni israeliani di buttare dai piani alti immondizia, rifiuti e quant’altro di poco piacevole. Notiamo con piacere – è un eufemismo, ovviamente! – che al nostro passaggio alcuni militari israeliani sputano in maniera sprezzante dalle loro torrette giù sulla strada e praticamente sulle nostre teste! Una situazione quasi surreale. Infilando un vicolo assai nascosto Alì ci conduce quindi nella casa di una signora palestinese per ascoltare la sua storia di vessazioni che culminano con l’uccisione di tre dei suoi figli da parte dei coloni e dell’esercito israeliano. Ci dà un ulteriore spaccato della situazione allo stremo in cui versa la popolazione araba della città vecchia di Hebron, dove spesso accade che l’acqua venga razionata da Israele, oppure che le cisterne per le riserve d’acqua sui tetti delle case arabe vengano mitragliate in modo che la gente ne sia completamente priva. Piuttosto scioccati da quello che hanno visto i nostri occhi, lasciamo Hebron con molta tristezza e consapevolezze diverse da quelle maturate in Italia attraverso tv e giornali.
Tornati a Betlemme, che ora ci appare un paradiso se paragonato a Hebron, visitiamo la Grotta del Latte e la Basilica della Natività; infine, Alì si ferma in una pasticceria per farci assaggiare una delle cose più gustose che i Musli abbiano mai mangiato: si tratta del Kanafeh, una dolce combinazione di pasta filo grattugiata, formaggio dolce e sciroppo. Una vera bomba!
Dopo aver salutato e ringraziato Alì e ancora scossi da questa giornata dolce-amara, facciamo ritorno a Gerusalemme, distrutti sia psicologicamente che fisicamente! Sorseggiando un gin tonic, ceniamo da ‘Pergamon’, un grazioso ristorante vegetariano poco lontano dal nostro hotel!
Itinerario: Gerusalemme – Ceckpoint 300 – Betlemme – Monastero di Mar Saba – Herodium – Hebron – Betlemme – Gerusalemme (Km. 170)
Pernottamento: YMCA Three Arches