Ancora storditi dalla notte trascorsa nei casinò di Las Vegas, con buona volontà ci svegliamo prima delle sette per la visita alla Death Valley. La giornata si preannuncia calda già di prima mattina… cosa ci aspetterà nella Valle della Morte (!!)? Il percorso è piuttosto lungo e dopo il paese di Pahrump diventa sempre più desertico e desolato. Finalmente vediamo i primi cactus anche se la loro forma non è quella tanta pubblicizzata sulle targhe dell’Arizona. Raggiungiamo il paesino di Shoshone (sciubidubidu, shon shon… sciubidubidu – liberamente tratto dalla colonna sonora di ‘C’era una volta il West’) e da lì tutto diventa arido e secco e l’aria ancora di più assomiglia a un phon acceso. Dopo aver incontrato un coyote solitario che si avvicina a Vanessa e che ci segue per qualche decina di metri (una cosa davvero emozionante), raggiungiamo Badwater, il punto di depressione (-85 slm) più basso di tutto il Nord America; qui il sale cristallizzato regala agli occhi una distesa bianca che sembra quasi neve. Nel fare foto e riprese, gli occhi bruciano dal calore e dal riverbero del lago salato; rimanere fuori dalla macchina per più di qualche minuto è davvero un’impresa. Poco dopo, percorriamo la Artists Drive, una strada panoramica che regala rocce dagli incredibili colori simili ad affreschi arcobaleno. Raggiunto il Furnace Creek (centro visitatori), arriviamo al mitico Zabriskie Point, punto panoramico d’effetto di dune calcaree dorate e che riporta alla mente il famoso film. Qui la Musla ha i primi cedimenti per il caldo e deve essere sostenuta dal Muslo nella salita verso il punto d’osservazione migliore. La zona appare maggiormente desertica in quanto vi sono pochissimi visitatori (ovviamente… visto che è mezzogiorno e ci saranno più di 45 gradi!).
Sulla strada del ritorno, come siamo soliti fare, imbocchiamo una scorciatoia sterrata che ci fa conoscere gli aspetti più veri della landa desolata che stiamo attraversando. La Musla guida con piglio (fin troppo, a sentire il Muslo!) fino a ritornare a Pahrump e quindi al nostro amato Stratosphere. Nella fornace della Strip, decidiamo di visitare alcuni dei più belli e famosi hotel/casinò di Las Vegas: dopo un’affannosa ricerca del parcheggio, iniziamo dall’Excalibur (a tema Disneyliano), per poi proseguire con il New York New York (imponente riproduzione dei maggiori grattacieli della Grande Mela e con gli interni a tema sulle strade di Manhattan; uno dei casinò più rumorosi e incasinati), l’MGM (dal suo inconfondibile profilo verde), il Luxor (a temo egizio) fino ad arrivare al Venetian. Qui rimaniamo davvero affascinanti dall’accuratezza della riproduzione delle calli veneziani con addirittura gondole e gondolieri che intonano un poco appropriato ‘O sole mio’; la raffinatezza e l’eleganza dei negozi, delle sale e dei ristoranti lo rendono indubbiamente il più affascinante tra quelli da noi visitati. Nota curiosa: al Venetian il servizio di sicurezza è svolto da personale che indossa un’improbabile divisa da Carabiniere! Buffo vedere un nero da 100 kg con l’uniforme della Benemerita! Anche qui, il soffitto offre l’immagine del cielo al tramonto e vederlo in un contesto così suggestivo lascia davvero a bocca aperta.
Riprendiamo con fatica Vanessa e, prima di raggiungere il nostro hotel, ci fermiamo in un mega negozio di souvenirs e oggettistica varia, tale Bonanza. Qui si possono trovare gli articoli più assurdi, pacchiani ed esagerati che riguardano Las Vegas. Ceniamo al buffet dello Stratosphere che si dimostra essere una scelta davvero vincente; con circa $35 abbiamo a disposizione vari tipi di cucina (americana, italiana, messicana, giapponese etc) con la possibilità di poter mangiare fino a che se ne ha voglia, ‘all you can eat’. Siamo circondati da un’umanità varia ed assurda: normali turisti come noi ma anche improbabili neo-sposi appena convolati a nozze nella cappella dell’hotel (magari in infradito e t-shirt), ragazze sformate e rovinate che camminano vergognosamente a piedi nudi vestite in maniera succinta, messicani disperati davanti alle slot-machines alla loro quarta ora di gioco, giapponesi addormentati e riversi sui tavoli verdi in preda al jet-lag, il tutto contornato da conigliette (non sempre simili a quelle di Playboy!!) che vendono alcol e sigarette. Colonna sonora di questi luoghi, il rumore insistente e assordante delle slot-machines in funzione. Insomma, anche noi coinvolti in questo bailamme, ci piazziamo alle macchinette e ci diamo dentro perdendo praticamente quasi tutto. Ma in fondo, il clima di Las Vegas ti avvolge e ti fa divertire nella sua esagerazione. Non paghi delle giocate al casinò dello Stratosphere, decidiamo di svegliare Vanessa (che ronfava nel parcheggio di Bonanza) e immergerci nella confusione del sabato sera della Strip. Rimaniamo in coda per un bel po’, visitiamo i casinò del Montecarlo e del New York New York (davvero troppa la confusione) per poi decidere che gli ultimi spiccioli li avremmo dedicati al nostro amato Stratosphere. Piuttosto malconci dal punto di vista fisico ma inebriati dalla notte della Sin City, ci trasciniamo alla camera 31654 e, quasi in trance, cadiamo nelle braccia di Morfeo! Certo Las Vegas è un’esperienza UNICA!
Itinerario: Las Vegas (NV) – Death Valley (CA) – Las Vegas (NV) (Km. 452)
Pernottamento: Stratosphere (fantastico)