Dopo un rigenerante riposo, lasciamo il Centara Hotel e ci dirigiamo a visitare la maestosa Sultan Qaboos Grand Mosque, inaugurata nel 2001; tanto è semplice esternamente, pur nella grandiosità delle sue dimensioni, tanto è ricca all’interno, vantando un immenso e luccicante lampadario interamente costituito da cristalli Swarovski e un tappeto di seta intrecciato da 600 donne iraniane in un unico pezzo e che è stato, per qualche tempo, il tappeto più grande del mondo. Siamo in un luogo di culto islamico e quindi ci adeguiamo alle usanze locali: pantaloni lunghi per il Muslo e braccia, gambe e capo coperti per la Musla che sembra una perfetta donna omanita (sono disponibili alcuni veli per il noleggio ma noi ci siamo documentati e siamo perfettamente attrezzati!) … il sole scotta ma il coprirsi, a differenza di quello che si può immaginare, dà sollievo e freschezza. Ed è un vero piacere passeggiare a piedi nudi (avendo tolto le scarpe per entrare nella sala principale) sui pulitissimi pavimenti di marmo dei vasti spazi esterni circondati da giardini e giochi d’acqua. Il posto è davvero stupendo e non ci accorgiamo dello scorrere del tempo tant’è che solo a metà mattina lasciamo Muscat, sempre con qualche difficoltà viabilistica, e puntiamo dritti verso sud e Sur (gioco di parole!).
Percorriamo la Highway 17 circondati da aspre montagne argillose e calcaree fino a giungere, per una breve sosta, al Bimmah Sinkhole, una spettacolare dolina carsica in cui si nasconde uno specchio d’acqua cristallina dal colore verde smeraldo (anche qui un’altra similitudine con un altro viaggio, quello in terra croata, in cui abbiamo visto il lago Zmajevo oko): molti fanno il bagno ma noi siamo già in ritardo sulla tabella di marcia e dopo mezz’ora arriviamo al Wadi Shab. Di wadi in Oman ve ne sono molti: letteralmente significa ‘valle’ e va a definire strette gole, alcune derivanti dall’azione erosiva dell’acqua che vi è ancora presente e che forma cascate e pozze, altre ormai aride che assomigliano a stretti alvei di fiumi.
Il Wadi Shab è della prima specie e proprio per questo estremamente spettacolare! Paghiamo 1 OMR (poco più di 2 euro) per attraversare poche decine di metri di laghetto fino a giungere alla sponda in cui diparte il sentiero che porta alla parte più interna della gola. Il barcaiolo ci indica circa 45 minuti di cammino ma, nonostante i Musli siano ottimi camminatori, il percorso si rivela lungo quantomeno il doppio: è un vero e proprio trekking, fondamentalmente in pianura ma roccioso e spesso a picco sull’acqua, che regala viste strepitose su questi panorami per noi così esotici: acqua verde smeraldo, alte pareti di roccia rossastra e palme, fino a giungere a una larga pozza (che diventa poi profonda) in cui fare il bagno è davvero una piacevolezza, dopo tanto sudare! L’acqua è calda ma purtroppo, ovviamente, non siamo soli e molti turisti (di cui troppi italiani) inquinano l’idillio con il loro vociare.
Percorriamo il sentiero a ritroso, riprendiamo la barchetta e in macchina raggiungiamo il vicino Wadi Tiwi; sono già le 4 di pomeriggio (fra un’ora e mezza sarà il tramonto) e, su consiglio di quanto letto nelle guide e sui vari siti, lasciamo la nostra Tibi all’imbocco del paese (sia per rispetto degli abitanti sia perché i vicoli, tra le piantagioni di datteri, sono davvero stretti!) e ci incamminiamo a piedi verso il wadi. Camminiamo per molto in salita e ci rendiamo conto che probabilmente, continuando, il buio ci sorprenderà; facciamo quindi dietrofront e accettiamo più che volentieri il passaggio sul fuoristrada di un giovane omanita del luogo che, vedendoci sulla strada, ci offre di riaccompagnarci da Tibi. Il popolo omanita è molto ospitale e gentile con i turisti, i giovani parlano tutti inglese e ogni cartello, sia esso un’indicazione stradale o l’insegna di un negozio, riporta la traslitterazione latina dall’arabo. Grati per la fatica risparmiata, ci accomodiamo sui sedili posteriori della jeep insieme a un terzo passeggero che, forse imbarazzato dalla presenza femminile della Musla, volta la faccia verso la strada e così la mantiene fino a quando non ci salutiamo…!
Raggiungiamo infine il paese marittimo di Sur e qui, sempre con qualche difficoltà, il nostro confortevole hotel. Nonostante vi sia all’interno un buon ristorante, decidiamo comunque di uscire e di cenare dall’altra parte della baia al ‘Sahari Restaurant’: la scelta non è delle migliori per quanto riguarda cibo e lentezza del servizio. Ma è l’unico locale sul mare e soprattutto, visto che è frequentato da omaniti, ci dà la possibilità di osservare da vicino i costumi locali. Frotte di uomini (nessuna donna!) fumano oziosamente la shisha (o narghilè) mentre assistono a un’importante partita di calcio della nazionale: portano tutti una tunica perfettamente stirata e candida che sembra appena uscita dalla lavanderia, nella maggior parte dei casi bianca o marrone chiaro, un cappellino squadrato ricamato o un turbante, sandali ai piedi e lasciano scie di buoni profumi dalle essenze orientali. Noi invece, a causa del vento che spira dal mare, siamo costretti ad indossare i nostri piumini tale è l’escursione termica tra giorno e sera! Facendo ritorno in hotel, notiamo che a ogni rotonda – e non esageriamo! – vi è una pattuglia di polizia: avremo conferma poi nei giorni successivi che è la misura di sicurezza messa in atto ogni volta che vi è una partita di calcio importante per evitare forse comportamenti al volante un po’ troppo spregiudicati degli omaniti in vena di festeggiamenti. Per la cronaca, l’Oman, battendo il Bahrein, si guadagna la finale dell’Arabian Gulf Cup!
Itinerario: Muscat – Bimmah Sinkhole – Wadi Shab – Wadi Tiwi – Sur (Km. 215)
Pernottamento: Sur Grand Hotel